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L'anno mirabile Nel 1905, ormai tanti anni fa, di punto in bianco, lo spazio il tempo e la materia "non furono più quelli di una volta". La rinuncia, per l'uomo della strada, si faceva di botto assai pesante: ma anche per il filosofo, il letterato, il teologo, per tutti quelli, insomma, che di solito vanno a caccia di tranquillanti concettuali. Lo scatolone imbottito di etere entro il quale era conservato lo spazio immutabile svaniva, l'idea di un orologio universale buono per ogni viaggiatore andava in fumo, la vellutata uniformità dei fluidi continui si sgranava come un mucchio di fagioli atomici. Persino la luce si mutava in mazzetti di aghi colorati. Entrava in scena l'osservatore, a seconda che si movesse e rispetto a chi. Tutto acquistava una materialità insospettata ma mutevole con il moto, granulare ma corposa; un punto in moto rispetto a un altro (chi si muove, dei due?) vedeva lunghezze dilatate, tempi allungati, la sua stessa massa appariva gonfiata. La materia marcava luoghi eccezionali in vicinanza dei quali tempo e spazio si sarebbero addirittura incurvati, di lì a poco, come se ne avvertissero il peso. Bertrand Russell aveva scritto, ironicamente, che la fisica classica, di Newton, piaceva agli inglesi perché aveva la regolarità degli orari ferroviari; ora,con la crisi della simultaneità, andavano in crisi le coincidenze, i vagoni in viaggio si deformavano, i sedili si potevano sgretolare in pulviscoli indivisibili... Editoriale di Carlo Bernardini webmaster Paola Celio |
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